Un semplice diffusore a due vie


 
Ho deciso finalmente di dotare il mio studio di due diffusori decenti, che quelli del Mac, per quanto pregevoli per la loro classe, non sono del tutto soddisfacenti, e quelli domestici in quanto godono di un waf sufficiente vanno un po' meglio ma non abbastanza.

Il progetto è stato ovviamente sviluppato in funzione di un amplificatore valvolare.

Il che significa, alla luce delle simulazioni fatte in precedenza  (vedi) , che so a priori che i margini di libertà sono pochi, e che non posso nemmeno progettare un diffusore destinato genericamente ad un amplificatore valvolare, ma che in funzione della topologia di amplificatore i criteri di progetto cambiano.
In realtà chi ha già frequentato questo sito può facilmente immaginare dove è indirizzata la mia scelta: il risultato è un progetto in funzione di una impedenza di uscita di circa 2,5 ohm.

Il problema delle dimensioni esiste comunque: nello studio non ho lo spazio per mettere i diffusori che vorrei, quindi dovrò trovare il modo di conciliare al meglio dimensioni non esagerate,  estensione in basso, sensibilità “umana” perché la potenza disponibile non è molta (per fortuna ascolto comunque la musica a basso volume), smorzamento comunque accettabile.
In realtà ogni progetto, di qualsiasi genere, è basato su un insieme di scelte, e dato che difficilmente si può avere la botte piena e la moglie ubriaca, si debbono sempre conciliare esigenze contrastanti (definizione politically correct di: “compromesso”).

Il peggio è quando, per mascherare i compromessi tecnici o economici si mette ad esempio un bel frontale in alluminio spazzolato spesso 10 mm, che con la qualità del suono non c'entra un tubo, ma “fa tanto esoterico/tecnologico”.
Basta polemiche e torniamo al sodo.


Che tipo di diffusore e che altoparlanti?

Dovendo giocoforza limitare le dimensioni ho orientato la scelta su un due vie con un woofer da 16 cm, in bass reflex per ottenere una risposta sufficientemente estesa.
Fortunatamente l'impedenza di uscita non trascurabile di un amplificatore valvolare, se da un lato penalizza un po' la tenuta in potenza, dall'altro, se pure al prezzo di dimensioni più elevate, consente di estendere la risposta sull'estremo basso.

La tenuta in potenza, dato che a priori la potenza disponibile è bassa, non è assolutamente un problema.

Il tipo di accordo deve comunque essere un QB3, per ottenere uno smorzamento sufficiente, ed il tipo di accordo unito all'impedenza di uscita dell'amplificatore vincola ad un altoparlante con Qts necessariamente basso.
Abbiamo già visto che l'impedenza di uscita dell'amplificatore causa un innalzamento del Q effettivo dell'altoparlante, e anche utilizzando lo scarto di cedevolezza solo un altoparlante con Qts basso permette un allineamento QB3.

Dovendo inoltre giocoforza realizzare un due vie il woofer deve avere una risposta quanto più possibile regolare fino ad almeno 2,5 kHz, che per un due vie con woofer da 16 cm mi sembra la frequenza di crossover più adatta.
Una frequenza più alta non credo possa essere riprodotta bene, senza finire in una zona dove i breakup del cono cominciano a farsi sentire, basta controllare quanto tormentate sono le curve di risposta di qualsiasi woofer o mid-woofer in quella gamma.
Una frequenza di taglio più bassa risulta troppo vicina alla frequenza di risonanza di qualsiasi tweeter. rendendo problematico l'incrocio.
E' una questione di equilibrio, non posso garantire a priori che questa sia la scelta migliore in assoluto, ma una scelta deve essere fatta.

Cono in carta trattata, condivido pienamente le considerazioni di Alberto Maltese a questo proposito.
Dopo una serie di simulazioni la scelta è caduta sul Ciare HW161N, un dispositivo di buone caratteristiche, costo più che abbordabile e facilmente reperibile.



Il calcolo, eseguito come al solito con BASS-PC, mi ha portato ad un volume di 22 litri, per una frequenza di accordo di 41 Hz da ottenere con un tubo del diametro di 54 mm lungo 160 mm ed una frequenza -3dB di 52 Hz.
A titolo di curiosità, il calcolo del QB3 per un amplificatore con impedenza di uscita di 0,1 ohm, quindi uno stato solido, dà un volume di 12,5 litri, per una frequenza di accordo di 57 Hz ed una frequenza -3dB di 61 Hz.
Non avendo problemi di potenza, in quanto con un normale programma musicale un amplificatore fino a 40 W è utilizzabile in tutta sicurezza, tutto sommato l'impedenza di uscita elevata diventa un vantaggio, se la cassa è progettata in funzione di essa.

Per il tweeter la scelta è semplice: il nuovo Ciare HT263, che ha una curva di risposta ben estesa e molto regolare, la sensibilità è un po' alta, ma basta una resistenza in serie per portarla al livello corretto per un buon incrocio con il woofer.



Non è dotato di ferrofluido, non so a priori se questo sarà un problema, mi riservo di verificare all'ascolto.


Il crossover

Crossover del secondo ordine, con linearizzazione dell'impedenza del woofer, calcolato con CROSS-PC.



Il progetto del crossover è un processo decisamente più complesso che non il calcolo dell'accordo reflex, in quanto per ottenere un incrocio corretto con due dispositivi che tutto sono tranne resistenze, non si possono applicare delle semplici formulette.


Si debbono inserire i parametri di entrambi gli altoparlanti, poi verificare individualmente per ciascun altoparlante che le curve di risposta e di impedenza simulate coincidano con quelle reali (cioè quelle pubblicate dal costruttore) ed aggiustare i parametri inseriti fino a che ciò si verifica.


Per il woofer è importante solo la risposta sopra i 500 Hz, mentre per ottenere una simulazione corretta per il tweeter, soprattutto per quel che riguarda l'impedenza, sono necessari anche alcuni parametri che non sono disponibili, si deve procedere quindi per tentativi fino ad ottenere il risultato.


Il procedimento completo è spiegato diffusamente nel manuale scaricabile, assieme al software, dal sito di Renato Giussani; anche CROSS-PC è un programma DOS, ma come sapete questa è l'ultima delle mie preoccupazioni.






La costruzione

Per il materiale non ho dubbi: truciolare a bassa densità da 22 mm, che garantisce  uno smorzamento maggiore e soprattutto regolare con la frequenza: ho fatto qualche ricerca ulteriore, dopo la costruzione della cassa per basso ed ho trovato autorevoli conferme, prima fra tutte quella di Renato Giussani.

Forma tradizionale, un parallelepipedo delle dimensioni (interne) di 27 x 44 x 17, seguendo la regola del segmento aureo per ottenere una distribuzione uniforme delle frequenze delle onde stazionarie, incollato con abbondante colla vinilica.

Risulta un po' meno di 22 litri, ma l'assorbente acustico che metterò sulle pareti aumenterà il volume virtuale.
Sigillatura delle giunture con ulteriore colla spalmata con un dito, quindi verniciatura all'interno con colla vinilica diluita al 20% con acqua: è un ottimo turapori.
La cassa è aperta da un lato per consentire tutte le lavorazioni interne, verrà chiusa solo alla fine con il pannello laterale, abbondando con la colla ed avendolo verniciato preventivamente.
Non ho usato viti, in quanto lo spessore del legno e le dimensioni ridotte della cassa a mio parere le rendono superflue; ho invece usato robusti sergenti stretti bene e lasciato asciugare la colla 24 ore fra un incollaggio ed il successivo.

















Il tubo di accordo è realizzato con un tubo in plastica rigida, incollato alla cassa nel foro praticato a misura e rifinito prima con la lima e poi con carta abrasiva affinché entri perfettamente senza gioco; le dimensioni della cassa mi permettono di posizionarlo lontano dalle pareti, non è ripiegato e l'imboccatura posteriore è lontana dal fondo quindi non debbo applicare correzioni alla lunghezza.






Il crossover è realizzato sulla solita basetta millefori, i collegamenti della basetta sono realizzati con filo di rame nudo da 1 mm, i collegamenti alla morsettiera e agli altoparlanti con cavo per altoparlanti da 1,5 mm2, molto più che sufficiente vista la lunghezza ridotta e l'impedenza di uscita dell'amplificatore già elevata



Per collegare i cavi agli altoparlanti ho usato connettori Fast-on, in quanto è possibile smontarli senza surriscaldare le connessioni dell'altoparlante (particolarmente importante nel caso del tweeter).

La connessione elettrica dei Fast-on è comunque sempre buona, in quanto la forza richiesta per inserirli libera il metallo da eventuale ossido e la superficie di contatto è elevata.
Le induttanze sono state scelte dal catalogo Ciare, togliendo da ciascuna il numero di spire indicato nel catalogo per ottenere l'induttanza voluta.

L'induttanza da 0,65 mH è stata realizzata con la Y0082 cui ho tolto 21 spire, l'induttanza da 0,5 mH con la Y0056 cui ho tolto 9 spire.

Le resistenze sono a strato di carbone da 2W, nel caso della resistenza in serie al tweeter tre resistenze in parallelo per un totale di 2,7 ohm.
Il valore ottimale sarà determinato dall'ascolto in ambiente.

Il crossover è fissato alla parete superiore della cassa, con quattro viti che fanno presa in quattro dadi con gambo filettato lungo 1 cm avvitati con abbondante colla epossidica al legno.


Poco assorbente, sulla parete superiore, posteriore ed una laterale; stimo (ovviamente è una stima, non un calcolo preciso al 3 decimale) che l'incremento di volume mi porti ai 22 litri di progetto.


Gli altoparlanti sono fissati come sempre con viti in acciaio che fanno presa in inserti in ottone filettati, annegati ed incollati al legno; anche il pannello frontale è in truciolare, e normali viti da legno non potrebbero essere svitate e riavvitate una seconda volta assicurando la necessaria tenuta.

E' necessaria la massima precisione nel posizionamento degli inserti in ottone, pena l'impossibilità di fissare l'altoparlante, perché il cestello è in acciaio e non è opportuno dover rettificare i fori perché un inserto è fuori asse.
































Io procedo così: dopo aver praticato il foro per l'altoparlante, e nel caso del tweeter anche le “orecchie” per i connettori Fast-on, che sono applicati lateralmente al magnete, e dopo aver rettificato i fori con lima e carta abrasiva in modo che gli altoparlanti entrino perfettamente e senza giochi negli alloggiamenti previsti, metto gli altoparlanti in posizione, uno per volta, marco con un punteruolo le posizioni dei fori, quindi faccio un foro guida con una punta da 2 mm.

E' più facile fare un foro nella posizione giusta con una punta sottile, nel truciolare, in quanto la sua costituzione a base di frammenti di legno di dimensioni e densità diverse, che contribuiscono alle qualità acustiche, non sono l'optimum per una lavorazione precisa senza strumenti particolari.
Dopo aver verificato che il foro sia nella posizione giusta, confrontandolo con i fori nel cestello dell'altoparlante messo nella sua posizione, pratico il foro definitivo con una punta del diametro adeguato agli inserti che sto impiegando (punta da 6,5 mm per inserti adeguati a viti M5); l'inserto deve essere avvitato a forza nel legno, dopo aver spalmato di colla l'interno del foro.

Ovviamente le viti e quindi gli inserti debbono essere adeguati all'altoparlante che si sta installando, quindi viti M5 per woofer piccoli e tweeter, viti M6 per woofer da 12” o più (in genere i cestelli da 12” o più richiedono 8 viti). 
Una guarnizione in gommapiuma applicata fra il cestello ed il legno sigilla la cassa, che deve respirare solo attraverso il tubo di accordo.

Concludo con uno strato di feltro bianco da 4 mm posizionato nella parte alta del pannello frontale, allo scopo di annullare il gradino fra la flangia del tweeter ed il pannello stesso.


Collaudo

Il collaudo è stato effettuato con un amplificatore a stato solido, giusto per verificare se i ragionamenti fatti sono corretti.

Con i diffusori collegati direttamente all'amplificatore il suono è a dir poco “asciutto”, nel senso che i bassi sono proprio pochini.
Per migliorare la resa sui bassi devo mettere in serie a ciascuna altoparlante una resistenza, per elevare artificialmente l'impedenza di uscita del'amplificatore.

Il risultato comincia ad essere accettabile con una resistenza da 1 ohm, con 1,5 ohm anche la musica per organo (Bach e Buxtehude) acquista un “corpo” dignitoso, tengo sempre presente che ho un woofer da 16 cm.
Contemporaneamente la gamma bassa è pulita e definita, le note del contrabbasso di Charles Mingus sono perfettamente distinguibili, senza code e trascinamento verso una frequenza fissa.

Il comportamento in gamma bassa coincide con le previsioni: il progetto fatto in funzione dell'impedenza di uscita ha dato i risultati attesi (o meglio: sperati).
Con la grande orchestra ovviamente il risultato è un filo meno esaltante, ma il povero woofer è chiamato ad un compito veramente impegnativo.
Le voci sono limpide e mai (quasi) nasali, segno che l'incrocio è corretto.

Il tweeter va alla grande, questo nuovo dispositivo Ciare è proprio ben riuscito, è anche parecchio sensibile, dopo un po' di ascolto con generi vari aumento il valore della resistenza in serie a 3,9 ohm per diminuire la presenza degli acuti.
Il valore della resistenza dipende molto dall'ambiente e dal posizionamento, il mio studio è molto riflettente a causa degli sportelli in vetro della libreria, in un ambiente più assorbente e più grande probabilmente 3,3 ohm sarebbero il valore ottimale.
Non sento invece il bisogno di neutralizzare la risonanza del tweeter con una rete LC serie in parallelo all'altoparlante, forse debbo ascoltarlo ancora un po'.

Conclusioni

A parte ogni considerazioni su come suona, perché “ogni scarrafone...”, devo dire che oltre ad avere finalmente due diffusori decenti nel luogo dove occupo la maggior parte del mio poco tempo che passo a casa, ho anche la verifica sperimentale che tutte le considerazioni fatte sulla progettazione del diffusore in funzione dell'impedenza di uscita dell'amplificatore sono corrette, e questo mi interessava tanto quanto.

Ulteriore considerazione, lo stesso altoparlante ha prestazioni diverse nei due casi, ma se il diffusore è progettato correttamente in funzione dell'impedenza di uscita, a mio parere le prestazioni, a parte la tenuta in potenza, sono migliori con una impedenza di uscita più elevata.

Ovviamente l'impedenza di uscita non può essere qualsiasi, in quanto non c'è comunque modo di progettare un QB3n4 con un Qt maggiore di 0,6 ed un B4 con un Qt maggiore di 0,82, e con questi Fattori di merito il volume richiesto sale in modo spropositato.

Inoltre a mio parere, ovviamente è una opinione personale, il B4 è già al limite dell'HiFi, come per altro avrei qualche difficoltà a considerare HiFi una cassa chiusa con un Qt pari a 0,9 o maggiore; ma, ripeto, è questione di gusti.

C'è da aggiungere che il diffusore progettato per un PP in Classe A di 6AS7 non darà il meglio di sé con un PP in Classe A di 300B, e questo è un inghippo non da poco.

Ma, a meno che non siate parte di quella razza di audiofili che cambiano amplificatore, cavi, diffusori ogni 6 mesi alla ricerca spasmodica della sfumatura del suono “eufonico” o dell'ultimo grido della tecnologia o dell'esoterismo, se siete cioè persone normali che cercano un po' di stabilità e vogliono essenzialmente ascoltare musica in modo dignitoso, non credo sia un grande problema.
Tanto, ogni volta che vado ad un concerto poi ci metto comunque un po' a rassegnarmi al suono di qualsiasi sistema; dopo un concerto dal vivo anche le Infinity K9 del mio vicino non mi sembrano più tanto eccezionali.

L'unico vero problema è che se avete un amplificatore valvolare il diffusore più adatto al vostro amplificatore non lo trovate in commercio, ma costruire  un diffusore adatto all'amplificatore che si possiede è comunque, a parte tutto, una fonte di soddisfazione.



Home Progetti