L’alba 

Vi siete mai chiesti da dove deriva il termine “amplificatore di linea”? dagli albori dell’elettronica e delle telecomunicazioni, quando la “linea” non era 70 cm di cavo in argento con isolamento in teflon, guaina in platino, connettori in oro, ma decine di km di semplice doppino telefonico.
E’ senz’altro interessante e come vedremo anche istruttivo tornare indietro, per analizzare alcuni circuiti Western Electric e scoprire come gli ingegneri dei primi anni ’20 (del 1900) spremessero il massimo dai mezzi a disposizione.
Erano per altro gli stessi ingegneri che avevano “inventato” la valvola, trasformando il prototipo di De Forest in un prodotto industriale affidabile e soprattutto prevedibile, ed avevano inventato l’altoparlante.
Chissà, magari tornando indietro di quasi un secolo (!) troveremo lo spunto per qualche cosa di “nuovo”, diverso dal 252mo monotriodo con accoppiamento R-C.
Troverete i circuiti originali Western Electric in www.ys-audio.com/ys-audio_eng.htm, in www.freeinfosociety.com/electronics/schempage.php?cat=1, una fonte di schemi per l'elettronica di consumo e musicale e in www.nostalgiaair.org (quest’ultimo è, a mia conoscenza, la più grande biblioteca di schemi storici di tutti i produttori mondiali di elettronica professionale) mentre io vi proporrò solo alcuni estratti, semplificati per eliminare tutto ciò che non è essenziale per capire la topologia e ridisegnati nel modo oggi corrente (in qualche caso rappresentando valvole a riscaldamento indiretto al posto delle originali per sfrondare le complicazioni dei filamenti alimentati in alternata).
I circuiti sono amplificatori per le comunicazioni telefoniche, per la nascente industria del cinema sonoro ed anche per uso domestico.

Gli amplificatori Western Electric



Al di là del 7-A (fig. 1), definito “Long Distance Repeater”, che già mostra una struttura interessante (siamo attorno al 1920, forse prima) con il suo push pull di uscita, il primo circuito che analizziamo è il 11-A (fig 2), anno 1922, nel cui schema originale vedete la dicitura “line output”.



Primo punto interessante: il “comune” del trasformatore di ingresso è riportato non a massa bensì all’altro capo del filamento, che è isolato da massa, in AC, dalla “retardation coil”, alias induttanza.
Ricordate che la valvola non sa nulla di massa, topologie ecc.: nella valvola la corrente che scorre fra placca e catodo dipende dalla differenza di potenziale applicata fra griglia e catodo, punto.
Per inciso, questi amplificatori, ancora per qualche anno, sono alimentati a batteria.
Questo tipo di collegamento rimarrà una costante nei successivi circuiti, con ulteriori sviluppi che vedremo dopo, e che diventano interessanti quando si arriverà alla alimentazione in alternata.

Il secondo punto è che si tratta del cosiddetto “para-feed”, che permette di semplificare la costruzione del trasformatore di uscita, non dovendo tener conto della corrente continua di polarizzazione e permettendo in questo modo di ridurre dimensioni e costo aumentando nel contempo la banda passante e diminuendo la distorsione.
La prima applicazione del  “para-feed” risale (per così dire in quanto sono praticamente coetanei) ai modelli 8-B e 8-C, che sono amplificatori audio, e verrà ripresa sistematicamente, anche con ulteriori miglioramenti, negli anni successivi.

La valvola usata è la 205D, un dispositivo con prestazioni più o meno simili a quelle della 2A3.

Sempre alimentati a batteria (!) due circuiti simili nella struttura semplice ma molto diversi nelle prestazioni: il 9-A, push pull di 205D, e il 10-A, push pull parallelo di 211-E, un vero mostro, dedicati al cinema sonoro.



Pochi anni dopo, circa 1926, un circuito importante: il 32-A (in fig 3 le parti basilari del circuito in forma semplificata; dal circuito originale, come dagli altri, si vede come in realtà gli amplificatori WE fossero progettati in modo modulare, per essere configurati in modo estremamente flessibile).
L’ idea chiave nel 32-A, applicata sia nel finale con uscita a trasformatore sia nello stadio preamplificatore con accoppiamento RC, è la separazione della massa di segnale dalla massa dell’alimentazione, resa possibile dall’accoppiamento dell’input mediante trasformatore.
In uno stadio “standard” come in fig. 4 il loop di corrente di polarizzazione ed i loops di corrente di segnale coincidono, quindi si influenzano a vicenda (il che significa, dati i rapporti di corrente in gioco, che le perturbazioni dell’alimentazione si ripercuotono sul segnale).



Separare le due “masse” ha quindi certi vantaggi, non ultimo il fatto che le capacità necessarie sono minori: nei circuiti WE si vede che i condensatori hanno valori mai superiori a 2uF.



Infatti nel circuito WE i loops sono come in Fig. 5, ben separati (tranne ovviamente all’interno della valvola; il loop di input, tramite il condensatore, va direttamente dalla griglia al catodo, il loop di output dal catodo al terminale superiore del trasformatore di uscita o, nel caso dello stadio iniziale di guadagno, dal catodo al terminale superiore della resistenza di placca, bypassando l’alimentazione.
Inoltre ciascun loop in CA passa per un solo condensatore.
Perché insisto sui loop di corrente? Perché le correnti spesso sono trascurate. Perché è più facile pensare in termini di tensione riferite a massa, soprattutto quando si parla di valvole.
Le correnti spesso minime, difficili da misurare, sono trascurate, soprattutto quelle che ritornano nei percorsi di massa, ma senza corrente non c’è amplificazione, sono le correnti che fanno suonare gli altoparlanti, come ricordava già negli anni 70 il Maestro (Bartolomeo Aloia, per antonomasia), per non parlare delle correnti di griglia nei triodi di potenza, che assumono valori rilevanti anche per tensioni di griglia negative, quando si approssimano allo 0.
Inoltre i loop di corrente sono importanti anche riguardo ai condensatori, soprattutto se elettrolitici: è noto che meno condensatori elettrolitici ci sono sul percorso del segnale meglio è, e sono le correnti, non le tensioni (da sole) a definire il percorso del segnale; a questo proposito nell’incorniciato una breve digressione su percorsi di segnale e condensatori elettrolitici.


Il 32-A è anche uno dei primi circuiti alimentati da rete, solo lo stadio finale, per il momento, mentre il modulo di guadagno è ancora alimentato a batteria  (Fig. 6).



Come raddrizzatrice viene usata la stessa 205-D usata nell’amplificazione, con la griglia collegata alla placca: è ad una semionda, per ragioni di costo.
Per trovare una rettificatrice dedicata (a due semionde), la 274, bisogna attendere ancora qualche anno, circa il 1934, con il modello 46-C, in cui appaiono anche i primi triodi a riscaldamento indiretto negli stadi di guadagno e la 300-A nello stadio finale.


La  300-A resta in produzione circa 2 anni, per venire sostituita dalla 300-B, elettricamente identica.

Coetaneo del 32-A è il 25-B, un amplificatore per radio domestica, con la stessa impostazione circuitale, alimentazione compresa: l’altoparlante viene definito “Loud Speaking Telephone” e la rete “House Lighting Circuit”.

Per uso professionale troviamo una coppia che utilizza concetti già ben maturati in modelli precedenti ed introduce una ulteriore importante innovazione: il 42-A, push pull di 205-D, e il 43-A, push pull di 211-E, due “Movie Sound Amplifiers” per il cinema sonoro.


Sono derivati dal 9-A e 10-A, con molte innovazioni tecniche tra cui l’alimentazione da rete, stavolta a doppia semionda, visto l’uso “importante” e quindi le minori restrizioni sui costi.


Per rettificare la ca sono utilizzate sempre le stesse valvole usate nell’amplificazione, quindi rispettivamente due 205-D e due 211; qui i condensatori raggiungono capacità più elevate(!): ben 4 e 9 uF.

L’alimentazione dei filamenti e l’alta tensione sono fornite da trasformatori separati.



In fig. 7 la struttura comune degli schemi.

Per capire la bellezza di questa topologia bisogna tornare ad analizzare i loop di corrente, in questo caso per gli amplificatori push pull.
Il push pull con accoppiamento a trasformatore sia in ingresso che in uscita è un circuito intrinsecamente bilanciato: in Fig. 8 possiamo vedere i loop di corrente in CA di un push pull costruito con valvole e trasformatori ideali.



In questo caso il bilanciamento è perfetto, i loop di corrente CA passano solo per le valvole ed i trasformatori, la corrente di alimentazione è costante e non passa CA né attraverso il condensatore di filtro dell’alimentazione, né attraverso il bypass del catodo, né attraverso il collegamento a massa del terminale centrale del trasformatore di input, che dà solo il riferimento per la polarizzazione.
In questo caso, ideale, i condensatori non sono attraversati dal segnale e quindi non possono influenzarlo.
Nel caso di polarizzazione fissa abbiamo un condensatore in meno sui catodi e uno in più sul trasformatore di ingresso, e tutto resta concettualmente come prima.

Sfortunatamente né le valvole né i trasformatori sono ideali quindi in realtà c‘è uno sbilanciamento, che si manifesta in una conduzione maggiore da parte di una valvola rispetto all’altra, supponiamo la superiore.
In questo caso possiamo scomporre le correnti nella somma delle correnti bilanciate e sbilanciate: le correnti bilanciate sono come nel caso precedente, mentre le sbilanciate, che riguardano una sola valvola (quella che conduce di più), necessariamente passano per la massa e quindi per i condensatori, come è chiaro da Fig. 9.



E’ come se avessimo un SE sovrapposto al PP: il PP tratta le correnti bilanciate e l’SE tratta le correnti sbilanciate, la conseguenza è che la corrente totale non è più costante e quindi l’alimentatore non fornisce più corrente continua ma anche una corrente variabile.

La topologia WE risolve brillantemente il problema: oltre al portare il riferimento delle griglie non a massa ma sul punto centrale dei catodi (soluzione ripresa dall’11-A e adattata al push pull), viene introdotta l’induttanza che alimenta il trasformatore di uscita.
L’induttanza si oppone alla variazione della corrente che l’attraversa quindi, comportandosi sostanzialmente come un generatore di corrente costante, forza il push pull a trovare il bilanciamento che di per sé non c’è.
Brillante ed elegante ed anche efficace, anche tenuto conto dei mezzi disponibili, non dimentichiamo che siamo nel 1930 o poco più.

 I circuiti che potete trovare nei siti indicati (e molto altro potere trovare: su Google scrivete “Western Electric” e avete solo l’imbarazzo della scelta) sono tutti estremamente interessanti ed istruttivi: vale la pena di dedicare un po’ di tempo al 46-D ed al 92-B, solo per fare un esempio.
Nel 92-B troviamo il push pull di 300 A con una tecnica di neutralizzazione dell’effetto Miller ed una tecnica di miglioramento del PSRR, ed un driver di tipo pafa-feed.

Dicevo “brillante ed elegante” per essere il 1930, ma sicuramente sono soluzioni che sarebbero brillanti ed eleganti anche oggi, eppure non se ne vedono molte in giro.

Certo, agli amplificatori Western Electric d’epoca non potete chiedere una banda 20 Hz – 30 kHz con rumore a – 80dB, che d’altra parte non erano necessari visto che le sorgenti dell’epoca erano la radio e la banda ottica delle pellicole cinematografiche, quindi circa 80 Hz – 6 kHz o peggiore.
Le vere grosse limitazioni venivano dai trasformatori (avete notato che nei primi modelli non ci sono praticamente resistenze?), che a mio parere erano l’unica fonte di distorsione, dato che le valvole sono le stesse di cui oggi diciamo essere le migliori (2A3, 300 A / B, 211).

E oggi?

Con i componenti attuali i risultati dovrebbero essere eccellenti, provate a fare qualche simulazione con Spice, avrete delle sorprese (18W con distorsione 0,2% solo di terza armonica – residui non leggibili di quinta – senza controreazione, da un PP di 300B, che diventano 30W con distorsione circa 3% arrivando alla classe A2).

Non si vede in giro molto di simile, solo il Sig. Imai è arrivato a soluzioni simili a queste, e forse pochi altri.
Torno a ripetere, questi sono circuiti degli anni ’20 e 30’, mentre a partire dagli anni 60 c’è una inflazione di proposte che sono variazioni sul tema Williamson (pentodi e controreazione e accoppiamento RC), a parte poche eccezioni che si contano sulle dita di una mano di un vecchio falegname, quali QUAD, Mc Intosh, qualche Acrosound e, appunto, Imai.

E’ evidente che con i pentodi si ha più potenza e più guadagno, con gli accoppiamenti R-C si risparmiano i trasformatori che costano cari, con la controreazione si abbatte la distorsione ottenendo prestazioni strumentali eccellenti, risultato: HiFi a prezzi popolari.
In questi casi la qualità  assoluta passa in secondo piano; non affermo che tutto ciò che è venuto dopo sia da cestinare, in fin dei conti oggi abbiamo una qualità molto elevata a prezzi abbordabili da molti, e ciò in teoria dovrebbe rendere la buona musica fruibile da chi in passato non se la sarebbe potuta permettere.

Certo, l’industria ha le sue esigenze, il mercato di massa pure, e prodotti di questa levatura sono indubbiamente costosi e difficili.

Un piccolo spunto per una applicazione pratica

Di quanto abbiamo visto finora le topologie che io trovo più stimolanti sono quelle relative ai push pull (PP), che sono un tantino diverse dai push pull che si vedono correntemente (anche i push pull di Imai, che sono push pull puri, mentre quelli WE sono nettamente più simili ad amplificatori differenziali).
Il PP è comunque un circuito dalle caratteristiche molto interessanti, che lo sono ancora di più se sfruttate come seppero farlo i progettisti WE.

Per chiarirci le idee cerchiamo di capire cosa significa, in termini di distorsione, passare dal SE al PP con le topologie Western Electric.

Ho fatto una rapida simulazione con MicroCap, paragonando un circuito che ho già presentato su questo sito, l’amplificatore per cuffia con 6H30 e trasformatore di uscita Sowter,  sostanzialmente un amplificatore di linea SE, con un ipotetico amplificatore di linea PP con ingresso ed uscita a trasformatore e con 6H30, ovviamente in Classe A.

Il modello SPICE disponibile per la 6H30 è sufficientemente complesso e le curve sono in ottima corrispondenza con quelle reali (cioè, con quelle standard fornite dal costruttore); il risultato della simulazione, quand’anche non fosse attendibile al 100% in termini quantitativi (in effetti a mio parere i modelli spice attualmente disponibili sembrano un po’ ottimisti), consente sicuramente un paragone significativo fra le prestazioni di due circuiti basati sulla stessa tecnologia (in entrambi i casi stessa valvola ed output a trasformatore) ma con topologie diverse.

I trasformatori di MicroCap sono perfetti, nel senso che non introducono distorsioni, quindi la distorsione simulata è sicuramente più bassa di quella reale ma ciò che mi interessa verificare è quanto un PP funzioni meglio di un SE, cioè se il gioco vale la candela, in termini ovviamente di complessità e di costi.



Il circuito SE è quello di Fig 10, con il punto di lavoro modificato per renderlo simile a quello che vedrete nel PP (i 10 V di differenza sono quelli che il PP perde nella resistenza di catodo).



In Fig 11 si vede il risultato della simulazione, con 5V picco di ingresso: 3,3% di distorsione, praticamente solo di seconda armonica, e 15 V picco di uscita (su 600 ohm), come prevedibile.
Aumentando l’ingresso a 7 V si ottengono in uscita 21 V picco, con il 4,3% di seconda armonica,  0,3% di terza, 0,13% di quarta e 0,06 di quinta; non vale la pena spingersi oltre con il livello di ingresso.

Nell’uso normale non si superano i 2 – 3 V di uscita, quindi la distorsione scendi a livelli nettamente più bassi, ma è solo per stressare il circuito.



In Fig 12 il circuito PP, realizzato con la stessa 6H30 e con trasformatore in ingresso, per avere un phase splitter perfetto (qualsiasi altro sistema introduce asimmetrie, soprattutto asimmetrie variabili con il livello di segnale); i trasformatori sono comunque modelli reali non particolarmente costosi.
Come si vede ho applicato il collegamento fra il centro del trasformatore di ingresso e la giunzione dei catodi; il condensatore è sdoppiato ed i due secondari sono separati (solo in CC) per poter aggiustare la polarizzazione quando passeremo all’ultima simulazione.



In Fig 13 il risultato, sempre con 5 V picco di ingresso: 26 V di picco di uscita con  0,24% di distorsione, solo di terza armonica (in realtà ampliando la scala si vedono residui trascurabili – meno dello 0,05% - di quinta).

In un circuito SE, che è un circuito asimmetrico (sbilanciato), le armoniche pari sono date dalla non linearità del triodo, cioè dal fatto che, fissato un punto di lavoro il guadagno è diverso per la semionda positiva e per quella negativa, come appare chiaro esaminando la funzione di trasferimento (la curva che esprime la corrente di placca in funzione della tensione di griglia

Nel PP le armoniche dispari sono date dal progressivo raggiungimento della saturazione, che è uguale per le due semionde, quindi è essenzialmente simmetrico.

E’ chiaro l’effetto del PP: spariscono le armoniche pari, ma è evidente dalla simulazione che diminuiscono anche le dispari.

Il miglioramento della distorsione comunque è di entità tale da non essere discutibile: dal 4,6% per 21 V  a 0,26% per 26 V.

La simulazione di Fig 12 è stata fatta, come abbiamo visto, su un circuito “ideale”, cioè perfettamente simmetrico: le due sezioni della 6H30 sono perfettamente identiche, tutte le induttanze e le resistenze che simulano i trasformatori sono perfette, senza tolleranze.

I “numeri” della distorsione sono quindi  sicuramente molto ottimisti: vediamo cosa succede con un circuito un po’ più reale, introduciamo cioè un po’ di asimmetria.

Per non complicarci la vita ci limitiamo a variare il mu di una delle due valvole: è comunque significativo in quanto le tolleranze di costruzione di trasformatori di qualità (Lundahl, Sowter tanto per fare due nomi ultranoti) sono molto minori di quelle delle valvole.

Per creare una asimmetria nelle valvole date un doppio clic su una di esse e si apre la finestra di Fig 14: modificate il nome della valvola in “6H30a” nel campo “Value” ed il fattore mu nel subckt (finestra inferiore), da 14,82 (il valore originale del modello) in 13,8, una diminuzione quindi del 7%, abbastanza da produrre uno sbilanciamento significativo, ed è sicuramente realistico per una valvola non selezionata.



Nel caso della modifica di parametri come quella appena fatta MicroCap registra le specifiche della valvola “nuova” nell’area “Text” sottostante al circuito, mentre le specifiche della valvola standard sono ricavate dalla libreria.



Diventa necessario modificare il circuito come in Fig 15, per poter equilibrare le correnti di riposo delle due sezioni del triodo polarizzando la valvola con maggior guadagno con una tensione di griglia più negativa: questo è essenziale in un PP (ecco a cosa serviva lo sdoppiamento di resistenze e condensatori di polarizzazione e la separazione dei due semi-secondari del trasformatore di ingresso: lo sbilancio può raggiungere i 9 mA).



In Fig 16 il risultato: la distorsione totale sale a circa 0,6% in quanto compare la seconda armonica generata dalla asimmetria del circuito; siamo comunque molto al di sotto della seconda armonica del SE: per quanto le valvole non siano uguali il PP è comunque molto più lineare; la terza armonica, come ci si poteva aspettare, non cambia.

Ultima prova: come funziona il bilanciamento forzato, cioè l’introduzione della induttanza sull’alimentazione, che si comporta in modo da opporsi alla variazione di corrente assorbita, variazione causata della asimmetria (ricordate che in un PP perfetto la corrente totale è rigorosamente costante).



In Fig 17 il circuito con l’induttanza L7 aggiunta ed in Fig 18 il risultato: distorsione quasi dimezzata.





Considerazioni finali.

I risultati non danno adito a molti dubbi, il miglioramento è sostanziale; si trattasse di una riduzione del 20 – 30% è chiaro alla luce di tutte le considerazioni fatte sulle simulazioni che si potrebbe opinare, ma qui abbiamo una diminuzione di ben un ordine di grandezza, e senza l’introduzione di armoniche di ordine superiore come succede con la controtreazione.

Anche nel caso di valvole non perfettamente appaiate il risultato comunque c’è, ed anzi il bilanciamento forzato è più efficace quanto più le valvole sono differenti (entro certi limiti ovviamente).
Attenzione, in un circuito reale l’induttanza usata per il bilanciamento forzato deve essere del tipo per carico anodico, non per filtro di alimentazione; per MicroCap sono identiche, nella realtà hanno un comportamento diverso ad alta frequenza.
Oppure si potrebbe, al posto dell’induttanza, usare un generatore di corrente costante, magari a MosFet (non scandalizzatevi: se realizzato bene sono convinto che funzioni altrettanto bene, per di più a tutte le frequenze, e costa molto meno).

Quanto visto sopra si applica ad uno stadio qualsiasi, quindi vale anche per uno stadio finale, adottando le valvole opportune, oppure per un driver.

Ma da quanto abbiamo visto è chiaro che si applica solo se stiamo all’interno della Classe A, cioè se l’assorbimento totale del circuito è costante.

La simulazione fatta si limita alla distorsione, e già il risultato è eclatante, ma è altrettanto importante ciò che questa simulazione, volutamente semplice, non ci mostra (in quanto non è oggetto della simulazione, cioè l’alimentazione): facciamo un breve elenco.

Lo stadio PP ha un assorbimento rigorosamente costante, quindi pone requisiti molto meno stringenti all’alimentatore: in un sistema a più stadi non c’è alcun pericolo che gli stadi si influenzino a vicenda, anche con un alimentatore dall’impedenza non bassa e non costante; il disaccoppiamento di più stadi è un problema che semplicemente non si pone.

La reiezione del rumore dell’alimentatore è elevatissima, trattandosi di uno stadio bilanciato.

Essendo la corrente erogata costante, i condensatori elettrolitici dell’alimentazione possono essere di valore inferiore, e soprattutto non sono attraversati dalla corrente di segnale (sono al di fuori del loop di corrente di segnale), quindi non influenzano il segnale: con un circuito SE l’unico modo per ottenere lo stesso risultato è una alimentazione stabilizzata di tipo shunt, che è una complicazione non da poco. Ricordate che l’alimentatore fa parte integrante del circuito.

Il bilanciamento forzato isola ulteriormente il circuito dall’alimentazione, anzi la sua influenza principale, a mio parere, è probabilmente nell’isolamento dall’alimentazione, più che nel bilanciamento vero e proprio.

Le curve caratteristiche, che in un SE sono effettivamente “curve”, indicano che con un carico induttivo si aggiunge una ulteriore fonte di non linearità: la retta di carico si trasforma in una ellisse, e alla non linearità lungo l’asse maggiore (cioè la retta di carico) si aggiunge la non linearità lungo l’asse minore.
Ora qualsiasi altoparlante è induttivo, a meno di non “ammazzare” la curva di impedenza con compensazioni micidiali, che però abbassano l’impedenza a livelli ai quali nessun amplificatore può suonare bene; ammesso ovviamente che sia fattibile in pratica compensare l’impedenza di un reflex attorno  alla frequenza di risonanza.

Le curve cosiddette “composite”  del PP in Classe A sono in realtà rette e rimangono rette anche per “ellissi” di carico molto pronunciate, ciò significa essenzialmente che l’impedenza di uscita dell’amplificatore non dipende dal carico ma rimane costante, quindi un carico induttivo non crea nessun problema.
Strettamente legato alle considerazioni di cui sopra sta il fatto che la pendenza delle curve in un SE varia molto, anche di un fattore 4, fra la semionda negativa e quella positiva, quindi l’impedenza trasferita al secondario varia durante la stessa sinusoide; con il PP la pendenza è costante quindi l’impedenza trasferita al carico è costante.
Ciò è vero in teoria, nella pratica ci può essere una differenza dovuta alla non perfetta equivalenza delle due valvole, ma si tratta comunque di una variazione di un fattore nel caso peggiore pari a 0,25 per il PP, contro un fattore pari normalmente a circa 4 per un SE (verificate con una 300B).
Per la Classe AB il discorso è molto diverso, in quanto le “curve” sono effettivamente curve anche per minime deviazioni dalla retta di carico, in altre parole basta un carico anche poco induttivo perché l’ellisse di carico attraversi zone con pendenza molto diversa, cioè l’impedenza di uscita dell’amplificatore varia in funzione dell’ampiezza del segnale.

Ciò non vale solo per uno stadio finale che pilota altoparlanti, ma anche per un driver, soprattutto se pilota triodi a riscaldamento diretto, che sono notoriamente un carico difficile (vedi gli articoli di Fulvio Chiappetta sulle 845 e 211 (Costruire HiFi), ma vale anche per la 300B).
La capacità di erogare corrente anche su un carico capacitivo (l’effetto Miller, ricordate?) è importante, e lo è ovviamente anche negli stadi SE; io credo che in molti amplificatori che si vedono in giro, con una 300B o addirittura una 845 pilotata da una 6SN7, si senta più la distorsione del driver che non quella del finale DHT, ma questa è un’altra storia.

In sostanza, vale la pena un circuito indubbiamente più complesso e costoso? E’ ovviamente una questione di opinioni, non esiste il suono assoluto e nessuno possiede la verità.

Certo, il SE è concettualmente semplice ed affascinante, ma spesso farlo funzionare bene è molto meno facile di quanto la semplicità concettuale lasci intravedere.
Ha detto Einstein: “fallo il più semplice che è possibile, ma non di più”.

Ultima osservazione.

Il circuito finale della simulazione non è evidentemente una simulazione fine a se stessa, prova ne sia che i trasformatori sono reali (potreste divertirvi a rifarla con i Sowter 8920 per l’input e 9041 per l’output) ed è presente la rete di compensazione per il trasformatore di input (R12 – C3), che ovviamente per un trasformatore diverso deve essere modificata.
In una realizzazione "vera" il circuito di polarizzazione delle valvole, costituito dalla sorgente di tensione V6, deve essere definito diversamente, ma la simulazione si occupa delle caratteristiche della topologia, non degli “ammennicoli”.
Non serve un alimentatore in più che fornisca una tensione negativa: data la presenza della resistenza di catodo R2 che può “alzare” la tensione sui catodi quanto si vuole basta tenere le griglie diversamente positive rispetto alla massa (tre resistenze, un trimmer ed un condensatore per la soluzione più semplice).




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