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Amplificatore per basso da studio

 “ da studio” non significa per studio di registrazione ma per studiare a casa senza assordare i vicini: infatti 15W per un basso sono proprio pochini…
Questo amplificatore per basso nasce dalla richiesta di alcuni amici per un mini-ampli molto semplice ed economico (per quanto possa essere economico un amplificatore a valvole) adatto all’esercizio domestico.
La richiesta specifica è stata per un Classe A (altrimenti avrei scelto un push pull di EL84) di impostazione simil-HiFi.
Ho pensato quindi ad un buon compromesso fra semplicità, economicità, robustezza e facile reperibilità dei componenti, essenziale per oggetti che vengono comunque maltrattati dai loro utilizzatori.
Quindi per il finale un SE ultralineare con KT88 ed un cathode follower per pilotarla (necessario, vista l’osticità della valvola e per sfruttare al meglio il secondo triodo dell’amplificatrice di segnale): circuito estremamente semplice, assolutamente non originale ma dal funzionamento sicuro.

Per il preamplificatore, non ostante la richiesta di massima semplicità, ho pensato che, essendo destinato all’esercizio di bassisti che sanno suonare (non sono io, io non suono alcuno strumento), dovesse comunque avere sia il controllo di guadagno che il Master Volume, la possibilità di scegliere fra ingresso attivo e passivo (cioè con booster sullo strumento o no), i classici controlli di tono Bassi, Medi, Acuti (ho scelto la struttura Marshall, comunque la struttura Fender richiede solo un paio di collegamenti e forse un condensatore diversi) e il Loop Effetti.

Se l’amplificatore da studio fosse troppo semplificato rispetto all’amplificatore che si usa per suonare sul serio, risulterebbe poi difficile esercitarsi sperimentando tutto quello che si potrebbe fare dal vivo, quindi risulterebbe inutile.

L’uscita del Loop Effetti può essere usata per l’accordatore, in modo standard (cioè l’accordatore in testa alla catena degli effetti).
Manca l’uscita DI, che non è stata ritenuta necessaria vista la destinazione dell’amplificatore.
Questo comunque non è un prodotto finito, ma dal mio punto di vista un esperimento, qualcosa da sviluppare, modificare, perfezionare col tempo, quindi l’ho montato su un telaio semplicissimo, che si può usare solo in laboratorio ma permette facilmente di intervenire.

Per l’uso normale è obbligatorio inserirlo in un qualche contenitore: circa 310 V, alte temperature, valvole fragili ecc. … bimbi e gatti in giro….


Il Finale

Lo schema è molto semplice, ma non più del necessario: la KT88 ha la polarizzazione automatica (è una soluzione che in genere non mi piace, ma in questo caso dà la massima sicurezza che nessuno va a smanettare sui trimmer), quindi il circuito non necessita di alcuna taratura, ed è pilotata da un cathode follower, in quanto la 12AX7 da sola non avrebbe la capacità di pilotarla efficacemente.

Per l’uso musicale il pilotaggio fornito dalla 12AX7 in cathode follower è più che adeguato, per un uso HiFi sarebbe opportune un pilotaggio più energico, per cui la soluzione migliore sarebbe sicuramente una ECL82 (Diego Nardi docet); credo che ne potrebbe uscire un circuito in grado di dare qualche soddisfazione, magari scegliendo un trasformatore di uscita più performante.

Il diodo fra la griglia e il catodo serve a proteggere la valvola: all’accensione, quando la valvola è fredda e non conduce la griglia si trova a 300V ed il catodo a 0V; questa tensione è in grado si danneggiare gli ossidi metallici che costituiscono il catodo (fenomeno detto “stripping”).

Il diodo con la valvola calda ed in conduzione è polarizzato inversamente in quanto la griglia è negativa rispetto al catodo e quindi non influisce sul funzionamento, mentre quando la valvola è fredda e non conduce è polarizzato direttamente quindi mantiene una tensione di circa un volt (poco meno) fra griglia e catodo, evitando ogni stress al catodo.

La scelta dell’accoppiamento RC risponde al criterio di semplicità circuitale e di sicurezza di funzionamento, a scapito delle prestazioni pure (soprattutto al clipping).

Le prestazioni sono sostanzialmente definite dal trasformatore di uscita: ho scelto il modello TU26/182 di Novarria, che ha prestazioni più che adeguate alla destinazione; dati i limiti di budget ho utilizzato il modello più economico, quello cioè con il nucleo “normale”.

Le caratteristiche sono: impedenza primario (sull’anodo) 2300 ohm, con presa ultralineare al 43%, secondari a 4 e 8 ohm.

La controreazione (indispensabile trattandosi di un pentodo per abbassare l’impedenza di uscita: leggere a questo proposito l’ottimo articolo di Callegari sul numero 93) è prelevata dall’uscita a 8ohm.
La configurazione ultralineare consente di spremere qualche watt in più rispetto al triodo, e la distorsione un po’ più alta non è un problema in un amplificatore per uso musicale (anzi, probabilmente è un bonus).


Il preamplificatore

E’ costituito da tre stadi, tutti con resistenza di catodo non disaccoppiata: in questo modo si ottiene un guadagno più basso ed una grande linearità.

Il loop effetti permette di inserire, se richiesto, distorsore, overdrive e qualsiasi altro processore di segnale si desideri.

Il loop è prima dei controlli di tono, che quindi conservano tutta la loro efficacia. Se si posiziona il distorsore dopo i controlli di tono, non c’è più alcun controllo sul timbro a causa delle armoniche generate dal distorsore, mentre con questa configurazione il timbro del suono distorto può essere controllato perfettamente con i controlli di tono.

La soluzione ideale è, a mio parere, disporre di due (meglio tre) canali selezionabili tramite pedalino, uno lineare (clean) e l’altro distorto (se sono tre, due con livelli diversi di distorsione controllabile) ciascuno con i suoi controlli di tono ed il suo Master Volume, ma questa sofisticazione andava oltre gli obiettivi di questo progetto; in futuro, chissà.

Il primo stadio ha la funzione di stadio di guadagno e di adattatore di impedenza per il loop effetti: l’impedenza di uscita è dell’ordine dei 20kohm ed il livello di uscita (nominale) a circa 0 dBV, più che adeguati per qualsiasi pedalino o effetto rack: il partitore resistivo che pilota il loop ha la doppia funzione di adattare l’impedenza di uscita ed il livello; un po’ brutale ma economico ed efficace.
Negli amplificatori per chitarra e basso si usa spesso questa tecnica, sia per adeguare il guadagno alle necessità (è sempre troppo alto, appena si superano i due stadi) sia per avere il guadagno giusto portando le valvole a lavorare con segnali alti e quindi con livelli di distorsione più elevati, per “scaldare” il suono.

Le richieste degli amplificatori musicali sono, come dissi già in passato, molto diverse da quelle dell’HiFi, dove nessuno si sognerebbe di abbassare artificialmente il guadagno di uno stadio (se mai si sceglie una valvola con guadagno più basso) o di far lavorare appositamente una valvola a livello elevato per ottenere distorsione (perché il suono “caldo”, HiFi o musica che sia, è necessariamente suono distorto).
La selezione Attivo / Passivo è attuata tramite un commutatore, trovo che non abbia molto senso usare due ingressi separati quando comunque se ne usa uno solo (ricordo che l’ingresso attivo ha sensibilità e impedenza d’ingresso più basse in quanto si usa con strumenti che hanno un amplificatore incorporato, alimentato a batteria).

Il secondo stadio è polarizzato in modo da avere un guadagno decisamente basso (minore di 20 dB) in quanto deve solo pilotare i controlli di tono e recuperare la perdita introdotta da questi (il controllo tipo Marshall si “mangia circa 18 dB, il controllo tipo Fender più di 20 dB).
All’uscita troviamo il Master Volume che pilota il terzo stadio: la funzione del terzo stadio è di fornire segnale sufficiente (sia come livello che come impedenza di uscita) a pilotare qualsiasi finale, ed è quindi dotato di uscita con inseguitore catodico.
Anche in questo caso il diodo a protezione del catodo dalle sovratensioni all’accensione.


L’alimentatore

L’alimentatore è quanto di più classico si possa immaginare, oserei dire banale.
L’impedenza di filtro è indispensabile, assieme all’elevata capacità dei condensatori di filtro, in quanto gli stadi finali SE hanno una bassa reiezione del rumore dell’alimentazione.
Il punto centrale degli avvolgimenti dei filamenti è collegato al catodo della KT88, quindi a 25V: questo riduce il ronzio generato dai filamenti e riduce anche la differenza di potenziale catodo-filamento negli inseguitori catodici, che è ben al di sotto del valore limite per la 12AX7 (200V).



Considerazioni finali


Come dicevo all’inizio, questo non è un prodotto finito ma un esperimento, quindi il telaio ultrasemplice e non particolarmente ottimizzato dal punto di vista delle dimensioni permette di sperimentare configurazioni diverse.

Anche la soluzione dei controlli di tono montati su una basetta millefiori ha la funzione di agevolare gli esperimenti, in quanto il blocco dei controlli di tono e del Master Volume può essere estratto facilmente per provare valori diversi, e l’ampli funziona anche con la “scheda” estratta dalla sua posizione.

Ad esempio, modificando i valori dei componenti dei controlli di tono e riducendo il valore dei condensatori di accoppiamento fra i vari stadi questo amplificatore diventa adatto alla chitarra, in questo caso si può giocare sulla polarizzazione del secondo stadio per aumentarne la distorsione.

In molti Marshall compare uno stadio con 100k sulla placca e 10k sul catodo e la griglia a potenziale di massa: in questo caso la valvola lavora con circa 200 microA e quindi in zona nettamente poco lineare; nel mio la resistenza da 1M che polarizza la griglia è collegata alla resistenza da 10k, non a massa, quindi la valvola lavora con circa 1 mA (poco meno), punto di lavoro ottimale per la 12AX7 (ottimale nel senso della linearità, il punto ottimale dipende dal suono che si vuole ottenere quindi non esiste un punto di lavoro ottimale in senso assoluto).




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