Amplificatore per chitarra
Un piccolo amplificatore solo per
chitarra, circa 15 W, come si facevano una volta....

In
un amplificatore per chitarra 15 W sono troppi per suonare in casa,
sono sufficienti per suonare in locali non proprio piccoli, sono
nulla per il rock in piazza.
La destinazione di questo amplificatore, che più propriamente
è un “combo” in quanto nel contenitore è
incorporato l'altoparlante, comprende le prime due ipotesi, la terza la
riservo ad altre soluzioni.
Ero partito dall'idea di replicare uno dei vari Vox, Hiwatt o Marshall
degli anni d'oro, gli schemi si trovano in rete, sono tutti abbastanza
simili, tutti abbastanza semplici, in quanto avevo sullo scaffale da
parecchio tempo una coppia di EL84, un trasformatore di uscita adatto e
un trasformatore di alimentazione che in origine era destinato a un
altro progetto che poi aveva preso un'altra strada, che però
aveva le caratteristiche giuste per un PP di EL84.
Utilizzare a tutti i costi fondi di magazzino per realizzare qualche
cosa non è il modo giusto di iniziare un progetto, ma i
“fondi di magazzino” casualmente erano proprio adatti,
così sono partito.
Lo schema di base fu in origine quello del Marshall 18, praticamente
identico nella parte di potenza al Marshall 2019; più classico
di così si muore: un PP di EL84 pilotato da un long-tail con
12AX7, senza controreazione.
Semplificato il pre, ho aggiunto un vibrato ricavato dal Silvertone
1396, un amplificatore del 1959 che mi era capitato di restaurare e che
mi aveva affascinato per il suono, probabilmente il miglior
amplificatore per chitarra che io abbia mai ascoltato (dipende dal
gusto personale, ovviamente: chi ama quel suono probabilmente trova i
Marshall Lead sgradevoli).
Essendo partito da un circuito collaudato non ho pensato di fare
calcoli e simulazioni con Microcap.
Preparato il telaio, montati gli zoccoli delle valvole, le basette con
i componenti, collaudato l'alimentatore finalmente la prova, con
l'aiuto dell'amico chitarrista (piuttosto esigente, abituato al suo
Fender Twin Reverb anni '70): devo dire piuttosto deludente, potenza
meno di quanto avrebbe dovuta essere, suono poco pulito.
L'analisi degli stadi
all'oscilloscopio mostra che il punto debole è proprio lo stadio
di “potenza”, qualche prova di modifica al punto di lavoro
non produce risultati apprezzabili, il guadagno globale sembra essere
eccessivo e il segnale difficilmente controllabile, non aveva senso
però ridurre il guadagno del pre, già abbastanza basso di
suo in quanto il resistore di catodo della 12AX7 non è
disaccoppiato.
Soluzione: ridurre
drasticamente il guadagno intrinseco dell'invertitore di fase
sostituendo la 12AX7 con una 12AT7, anche le resistenze di placca
passano da 100 kohm a 68 kohm, la corrente di riposo aumenta, la 12AT7
ha una capacità di pilotaggio decisamente maggiore della 12AX7.
Con le EL84 ciò
dovrebbe essere irrilevante, ma il risultato è immediato: la
potenza al clipping passa da 12 W a 16 W (circa, non misurati con il
distorsiometro ma osservando le forme d'onda all'oscilloscopio),
soprattutto ora la saturazione è simmetrica.
Lo schema elettrico
Ecco quindi lo schema elettrico finale:

Come si vede, del tutto tradizionale.
Un primo stadio di guadagno, 12AX7 con resistenza di catodo non
disaccoppiata per conservare la linearità; anche la corrente di
placca è nella norma, allo stesso scopo.
Uno stadio di controllo di tono, schema Marshall classico; preferisco
questo schema al Fender degli anni d'oro, in quanto il circuito Fender
ha la caratteristica che con i tre controlli a zero l'uscita si
annulla, ma lo stadio è seguito dal controllo di volume quindi
questa caratteristica in uno schema così semplice è
inutile; da punto di vista timbrico si equivalgono.
Il secondo stadio è un buffer per il finale, un cathode follower
che ha una impedenza di uscita molto bassa, in quanto il finale ha una
amplificazione molto elevata e pilotato con una sorgente ad alta
impedenza tende ad autooscillare.
Nella prima versione il finale era pilotato direttamente dal controllo
di tono, e funzionava perfettamente con il volume al massimo o molto
basso, ma generava una autooscillazione a frequenza molto elevata con
il controllo di volume a metà.
In questa posizione, o nello stadio precedente, alcuni classici
Marshall, ad esempio il JCM800 Lead Master Volume, che hanno finali di
potenza con controreazione e quindi sensibilità piuttosto bassa
e devono pertanto recuperare il guadagno perso dal controllo di tono
(circa 18 dB), impiegano una 12AX7 con resistore di catodo di 10 kohm.
Polarizzata in questo modo la 12AX7 produce una sostanziosa distorsione
di seconda armonica in quanto la corrente di placca è
dell'ordine di 0,1 mA e il punto di lavoro, nelle curve
caratteristiche qui sotto, è nella
parte bassa della curva, indicata dalla freccia rossa, poco lineare,
mentre con una polarizzazione più sostenuta il punto di lavoro
sta nella zona indicata dalla freccia azzurra, molto più lineare.

Questa
configurazione del punto di lavoro della 12AX7 (freccia rossa) è quella
che
conferisce il classico suono Marshall a quella seria di amplificatori
per chitarra; narra una leggenda metropolitana che il resistore da 10
kohm fu messo per errore, in quanto con luce bassa è facile
confondere il colore arancio del 10.000 con il rosso del 1.000: dopo
aver ascoltato il suono Jim Marshall avrebbe deciso che così
andava decisamente meglio e il resistore da 10 kohm è rimasto.
Nei JCM800 per basso il resistore è del valore
“giusto”, in quanto gli amplificatori per basso non debbono
avere distorsioni spinte.
Lo stadio finale, come già detto, è un classico Push Pull di EL84
pilotato da un long tail splitter.
La scelta di realizzarlo senza controreazione è dovuta al fatto
che in un amplificatore per chitarra non c'è alcun bisogno di
mantenere bassa l'impedenza di uscita, e senza controreazione il suono
acquista in prontezza.
La mancanza di controreazione fa sì che il guadagno del finale
sia alto, questo giustifica il basso guadagno del preamplificatore.
Inoltre la saturazione del Push Pull, essenzialmente distorsione di
terza armonica, aumenta progressivamente e in modo lineare con il
volume, a partire da circa metà: i chitarristi sanno che la
saturazione del Push Pull dà al suono un carattere particolare e
in questo caso la saturazione si può modulare agevolmente.
Il Push Pull è con
polarizzazione di catodo, anche in questo caso non disaccoppiato: anche
la polarizzazione di catodo contribuisce alla qualità del suono.
La polarizzazione delle
valvole del Push Pull è modulata dal circuito del Vibrato, un
semplice oscillatore costruito attorno alla 6AU6, un pentodo miniatura
con zoccolo a 7 piedini, che si presta perfettamente a questo scopo con
uno schema molto semplice.
La frequenza di oscillazione
varia fra 0,5 Hz e circa 10 Hz, l'intensità del Vibrato
è controllata dal potenziometro che controlla la polarizzazione
delle EL84.
L'interruttore a pedale
consente, una volta impostate frequenza e intensità, di attivare
e disattivare l'effetto senza distogliere le mani dallo strumento.
Il trasformatore di uscita è
prodotto da Novarria, è un trasformatore originariamente previsto per
HiFi.
Sull'alimentatore
assolutamente nulla da dire, per semplicità ho optato per il
raddrizzatore a stato solido, con il resistore in serie da 47 ohm che
emula il comportamento di una 5Y3 o 5U4.
Il Push Pull viene
alimentato direttamente dal raddrizzatore, in quanto il Push Pull
è per sua natura abbastanza immune dal ronzio, mentre per
alimentare il resto del circuito ho utilizzato un induttore di filtro
da 10 H, anche questo di produzione Novarria, e una cascata di stadi
RC: in pratica l'alimentazione è filtrata per ogni stadio.
Per non scostarmi troppo
dalla “filosofia Vintage” i filamenti sono alimentati in
ca, anche la prima valvola di guadagno, mentre il punto centrale
dell'avvolgimento dei filamenti è posizionato a circa 28 V, come
sempre nei miei amplificatori: ciò riduce il ronzio di fondo,
che di fatto è praticamente inavvertibile.
I resistori sono tutti
(tranne dove indicato espressamente nello schema) a strato di carbone
da 2 W, i condensatori MKT da 630 V, gli elettrolitici previsti per
temperatura di 105 °C.
La
realizzazione
La struttura è quella classica del combo, con l'elettronica montata a
testa in giù, come si vede qui:

L'altoparlante è un bicono 10” Ciare, il CH 250, a 4 ohm,
qui sotto; ha una ottima sensibilità per un 10”, 96
dB dichiarati, e il Qts è ben 1,36, un valore perfetto per un
amplificatore per chitarra “open back” e, nonostante la
ridotta potenza ha ben 8 fori di fissaggio sul cestello.


Ho scelto questo bicono stimolato
dall'ottimo risultato avuto nel
restauro di un vecchio (pardon: Vintage) Valco del 1959, un clone
del Fender Champ, cui avevo dovuto sostituire l'altoparlante (oltre ad
altri componenti passati a miglior vita) ed ero ricorso al Ciare CH 170
Z non trovando ovviamente la sostituzione originale.
L'altoparlante è fissato dall'interno, mediante 8 viti M4 con
rondelle, che fanno presa in altrettante bussole filettate in ottone
annegate nel pannello anteriore, a sua volta fissato con quattro viti
ai montanti della scatola.

Il telaio è una scatola in alluminio da
1,5 mm, con i bordi
ripiegati e saldati; sui bordi “inferiori” (che in
realtà stanno in alto) sono annegati quattro dadi per fissaggio
rack, le viti a testa esagonale incassata (volgarmente
“brugole”) M6 che si vedono nell'immagine iniziale ai lati della
maniglia di trasporto sostengono il telaio e chiudono il fondo con un
fondo di alluminio, anch'esso 1,5 mm, che funge da irrobustimento della
maniglia e soprattutto da schermo per il circuito.
Irrobustimento della maniglia in quanto la “scatola” è in
multistrato di pioppo da 9 mm, essendo un
“open back” di bassa potenza non serve uno spessore maggiore.


Qui sopra il telaio visto dall'alto: si
nota la spira di cortocircuito
magnetico sul trasformatore di alimentazione (la metto sistematicamente
sui trasformatori non toroidali, appena disimballati), e le manopole
Vintage “chickenhead”, che sono montate prevedendo che il
telaio sarà installato “sottosopra”.
I trasformatori sono installati con i nuclei a 90°, per ridurre le
interferenze; anche l'induttore di filtro, montato sotto il telaio
(nella vista da sotto del telaio vicino ai diodi rettificatori),
è montato con il nucleo a
90° rispetto al trasformatore di alimentazione.
I condensatori di filtro dell'alimentazione sono montati su una basetta
millefori in vetronite passo 5 mm, a sua volta fissata al telaio, quasi
tutti i componenti del circuito sono montati su due basette con
capicorda, anche i pochi componenti non montati sulle basette sono
comunque fissati a capicorda isolati.
I
componenti non montati sulle basette sono in maggior parte le
resistenze di polarizzazione delle valvole e le resistenze
“grid-stopper”, che sono montate a ridosso dei piedini
degli zoccoli, per la massima efficacia.
I collegamenti dalla parte delle valvole e comunque dove c'è alta
tensione sono in cavetto argentato isolato in teflon.
I collegamenti a massa dei vari stadi sono a stella, il telaio è
collegato alla terra della vaschetta IEC con un cavo da 1,5 mm2.
Il trasformatore di uscita ha prese a 4 e 8 ohm; per ciascuna ho
previsto una presa jack, con questa potenza non ha senso pensare agli
Speak-on ®, l'altoparlante è collegato con un jack alla
presa a 4 ohm, è così possibile collegare altri
altoparlanti, rispettando le impedenze e scollegando il
suo altoparlante.
Per concludere, la scatola è rivestita nel mio classico tolex
verde, l'altoparlante è protetto da una normale tela per
altoparlanti.
Conclusione
L'amplificatore ha un suono gradevole, molto “pulito”,
benché “caldo” a basso volume, per acquistare grinta
con la manopola del volume oltre la metà.

Qui sopra il segnale a circa 6 W, la
sinusoide è buona,
c'è una percentuale non molto elevata (non da HiFi, comunque) di
distorsione di II armonica, rivelata dall'FFT.
Qui sotto il segnale a 18 W, la saturazione è evidente,
perfettamente simmetrica, il suono è il classico suono del Push
Pull in saturazione spinta, grintoso ma non fastidioso; il suono
preferito dai chitarristi “rokkettari”.

Grazie all'efficienza dell'altoparlante
il volume sonoro emesso
è sufficiente a sonorizzare un piccolo locale, soprattutto se il
genere è jazz o blues.
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