Amplificatore PushPull in Classe A

Un progetto un po' controcorrente: valvole, trasformatori, no SE, in Classe A, pochi (ma buoni) Watt.


Questo progetto ha avuto una gestazione un po' lunga: vuole essere il logico complemento del Preamplificatore di Linea PP , e come questo si ispira ai concetti esposti nell'articolo “L'alba dell'amplificazione”.

Non è quindi di sicuro una novità dal punto di vista della circuitazione, d'altra parte non ho motivo di cambiare le cose che funzionano meglio.  

Qualcuno dirà che è una copia dei finali del Sig. Imai: ovviamente pensare di inventare circuitazioni nuove per amplificatori valvolari nel 2012 è da sprovveduti, ma in realtà nonostante l'uso della 6AS7G (non sono comunque il primo, né lo è stato il Sig. Imai) il modo di utilizzarla è diverso e si ispira se mai a concetti decisamente più datati (“L'alba dell'amplificazione).

È inoltre il compagno ideale delle piccole casse a due vie , che erano state progettate in funzione di un amplificatore a valvole senza controreazione e caratterizzato da una impedenza di uscita fra i 2,5 e i 3,5 ohm (l'idea di completare la catena con un amplificatore in PushPull di bassa potenza risale alla progettazione del preamplificatore di linea).

Poi come al solito mi sono dedicato ad altri progetti, esperimenti, elucubrazioni teoriche da notti insonni, e il progetto, che nelle sue linee principali era definito già 3 (tre) anni fa, vede la luce solo ora.


Obiettivi del progetto

Realizzare un amplificatore di potenza non elevata (attualmente ascolto la musica nel mio studio con un amplificatore di “potenza” da 3 W per canale, e li trovo sufficienti) ma dalla qualità in linea con quella del Pre Fono e del Pre di linea.

Utilizzare la 6AS7G, una valvola stimolante in quanto ha un guadagno così basso che sfruttarla bene è una bella sfida.

Non mi sono posto vincoli di peso, che se si pensa alla Classe A a valvole è un non senso, né di dimensioni (idem), né di costo (1) perché con gli obiettivi che avevo definito, che obbligano all'uso di trasformatori sia di uscita (ovvio) che interstadio (meno ovvio, ma io ho un ottimo rapporto con i trasformatori) sarebbe stato un controsenso.

Quindi, riassumendo: Push Pull con una 6AS7G, uno stadio amplificatore di tensione in Push Pull con trasformatore interstadio, ingresso bilanciato a scanso di ronzii e accidenti vari, d'altra parte il pre di linea nasce con l'uscita bilanciata proprio in previsione di questo finale.

La sensibilità in ingresso piuttosto bassa, in quanto il pre ha in uscita Volt in sovrabbondanza.

Il progetto iniziale nasce con un trasformatore anche in ingresso, poi nel corso della realizzazione ho visto che non era necessario, già il pre ha l'uscita a trasformatore, e mettere due trasformatori in cascata su due dispositivi collegati da un cavo bilanciato lungo 70 cm sarebbe stato un po' eccessivo.


La scelta dei trasformatori

La scelta è stata pilotata dalla necessità di trovare un trasformatore di uscita adatto alla 6AS7G, e il trasformatore più adatto è risultato il modello LL1663 prodotto da Lundahl.

La scelta è stata effettuata dopo aver disegnato e simulato con MicroCap una decina circa di ipotesi diverse, in termini di tensione di alimentazione, corrente a riposo, impedenza del trasformatore.

Il risultato migliore in termini di potenza e distorsione è risultato dal complesso di queste caratteristiche:

200 V di tensione anodica, corrente di riposo 50 mA, impedenza placca-placca 5000 ohm.

Il trasformatore di uscita più adatto ad un costo non stratosferico è stato il modello indicato, che è un modello derivato dai più versatili LL1620-1623-1627.

Il costo limitato (beh, quasi...) deriva dal fatto che, a differenza dei modelli di cui sopra che sono configurabili in una quantità enorme di modi diversi collegando opportunamente tutti gli avvolgimenti in cui sono sezionati, ha una configurazione unica: 5000 ohm – 8 ohm, e quindi la sua costruzione è molto più semplice senza rinunciare alla qualità.

Per l'interstadio la scelta è finita sul Lundahl LL1635, che per evitare problemi di magnetizzazione del nucleo è stato configurato con un gap tale da sopportare uno sbilanciamento di 5 mA fra i due rami.

Il LL1635 è un trasformatore interstadio “push pull to push pull” 1+1 : 1+1, e nella configurazione adottata (5 mA) ha una tensione massima in uscita a 30 Hz di 2x90 V, che si sposa a meraviglia con la polarizzazione della 6AS7G, che è di – 80 V.

I secondari sono separati, cosa indispensabile per poter regolare singolarmente la polarizzazione dei due triodi di cui è composta la 6AS7G.

Il trasformatore di ingresso scelto era il Lundahl LL1540, che può essere configurato 1 : 1+1 oppure 2 : 1+1 ottenendo perciò due diverse sensibilità in ingresso.

Nel caso fosse necessario aumentare molto la sensibilità si potrebbero utilizzare il LL1676, 1+1 : 2+2 oppure il LL1922, 1+1 : 4+4.

Come dicevo, alla fine ho deciso di non montare il trasformatore di ingresso, pur avendolo acquistato.


Perché il Push Pull in Classe A

Perché il push pull in Classe A, e aggiungo: senza controreazione globale, presenta alcune caratteristiche non ottenibili in alcun altro modo.

Il push pull è un circuito simmetrico, quindi l'eliminazione della distorsione di II armonica, croce (e per qualcuno delizia, ma non per me) dei SE, è ottenuta all'interno di ogni stadio automaticamente.

Con un SE l'eliminazione della II armonica si ottiene solo se la distorsione prodotta dallo stadio finale viene contrastata da una pari distorsione prodotta dallo stadio pilota; pensare di ottenere ciò in tutti i possibili punti di lavoro è a mio parere pia illusione.

Perché in un push pull in Classe A la corrente del segnale utile resta all'interno dello stadio amplificatore, è data dallo sbilancio di corrente fra le due valvole e non transita per l'alimentatore, che provvede solo all'alimentazione statica (per una spiegazione dettagliata rinvio all'articolo “L'alba dell'amplificazione”).

Perché in un Push Pull in Classe A che impiega triodi di qualità la distorsione totale è talmente bassa che la controreazione semplicemente non serve, e quando il segnale è tale da portare l'amplificatore alla saturazione non c'è controreazione che tenga.

Perché un amplificatore deve pilotare un altoparlante, non una resistenza, e l'altoparlante è un carico reattivo.

In un altoparlante ben progettato l'impedenza non scende mai a livelli pericolosi, ma il carico che offre all'amplificatore è comunque reattivo (a meno di non usare reti di compensazione a iosa, dissipando inutilmente potenza utile).

In un amplificatore SE la retta di carico (che vale solo per un carico puramente resistivo) incontra le curve caratteristiche in ogni punto con pendenza diversa: significa che in ogni punto della sinusoide del segnale di uscita l'amplificatore ha una impedenza di uscita diversa.

Ma con un carico reattivo la retta di carico diventa un'ellisse, incrementando sostanziosamente la differenza di impedenza di uscita fra i vari punti dello stesso segnale.

  

Curva di carico di un amplificatore Single Ended

Nella curva di carico di un SE si vede che sia la retta di carico che soprattutto l'ellisse di carico incontrano le curve caratteristiche della valvola in punti con pendenza molto diversa: nel corso dell'amplificazione di una sinusoide il rapporto fra le impedenze può essere anche 7:1.

In un push pull le curve caratteristiche delle due valvole si combinano dando origine alle cosiddette “curve composite” che in un Push Pull in Classe A sono in realtà rette anche con un carico molto induttivo, quindi l'ellisse di carico incontra le “curve” sempre con la stessa pendenza, i.e. stessa impedenza di uscita.

Curve composite di un Amplificatore Push Pull in Classe A

Sopra sono rappresentate le curve composite di un push pull di triodi in Classe A: le “curve” composite sono in realtà rette per una gamma veramente ampia di punti di lavoro, e anche un carico molto reattivo è sempre pilotato da un amplificatore con impedenza costante.

In un Push Pull in Classe AB le curve sono comunque curve, benché il Push Pull conservi la simmetria, quindi in un Push Pull in classe AB l'impedenza di uscita varia in funzione della reattività del carico, oltre che del livello del segnale, come verificato dalle misure effettuate sull'amplificatore per basso (push pull ultralineare di KT88 in Classe AB, 75W effettivi). (2)


Curve composite di un Amplificatore Push Pull in Classe AB

Nell'amplificatore PP in Classe AB le “curve” sono rette per un breve tratto, precisamente fintanto che l'amplificatore funziona in Classe A, all'interno della corrente di riposo destinata a ridurre la distorsione di incrocio, e in quest'area la pendenza delle curve è minima.

Fino a che il segnale è ridotto il carico è pilotato con impedenza costante.

All'esterno di quest'area, cioè nella operatività in Classe B, le “curve” sono effettivamente curve e l'impedenza di uscita varia.

L'effetto della variazione di impedenza nel corso dell'amplificazione di un segnale sul suono riprodotto dipende senz'altro dal tipo di diffusore collegato, ma sono certo che la differenza comunque si sente.

Per concludere, un push pull in Classe A senza controreazione non risente delle forze contro-elettromotrici sviluppate da ogni altoparlante reale durante il normale funzionamento con segnali musicali.

Questo argomento è sviscerato nel mio articolo “Interazioni, ovvero i sistemi e non i componenti”, dove analizzo l'interazione fra un altoparlante reale e un amplificatore reale con un segnale che è una ragionevole approssimazione di un segnale musicale.

L'ho scritto lì e lo ribadisco: un amplificatore senza controreazione è fattibile solo nel caso di HiFi domestica, quando con un altoparlante progettato in funzione dell'amplificatore (e viceversa) 5 o 6 W sono più che sufficienti, se poi accoppiati con un altoparlante ad alta efficienza (ci sto pensando) crescono pure.

È ovvio che quando sono richieste potenze più elevate la Classe A non è più proponibile, io credo che il limite pratico sia attorno ai 10 – 12 W.

Allora la controreazione è un obbligo, sia per uso HiFi che per altro uso (fa eccezione l'amplificazione per chitarra [non per basso], molti amplificatori per chitarra dell'età d'oro non avevano controreazione e il suono era eccezionale).


Lo schema


Schema finale dell'amplificatore, risultante dal progetto e dalla messa a punto finale.

È concettualmente semplicissimo, pochi componenti, solo quelli indispensabili.

Il primo stadio è un push pull di 6N1P, una valvola molto lineare, con un mu pari a circa 30.

La corrente di riposo è fissata in 4 mA per ogni triodo; con questa corrente la dissipazione per ogni triodo è di poco inferiore a 1W, una dissipazione di sicurezza con una corrente che consente comunque un pilotaggio robusto della 6AS7G.

La resistenza di catodo non è bypassata, lo stadio è un amplificatore differenziale, non è alimentato da un generatore di corrente ma 390 ohm sono comunque un valore sufficiente.

L'amplificatore differenziale a mio parere in un sistema con segnale bilanciato dall'ingresso al Trasformatore di uscita linearizza notevolmente il funzionamento degli stadi amplificatori.

L'ingresso è diretto, in quanto il preamplificatore esce a trasformatore quindi non c'è alcun problema di possibili tensioni continue.

Il riferimento a massa è fissato dalle due resistenze di polarizzazione di griglia da 22k, a film metallico 1% per assicurare il bilanciamento del segnale.

22k x 2 è il carico ottimale per il mio preamplificatore, il valore non è vincolante purché le resistenze siano di precisione a film metallico.

Le resistenze da 220 ohm sulle griglie servono a bloccare sul nascere qualsiasi autooscillazione, il guadagno della 6N1P è già abbastanza elevato da orinarle, potenzialmente.

Lo stadio finale usa la 6AS7G, una valvola con un mu di circa 1,8 e una resistenza di placca molto bassa, 280 ohm.

La resistenza di placca così bassa garantisce una impedenza di uscita sufficientemente ridotta anche in assenza di controreazione, questa è una prerogativa dei triodi di potenza a basso guadagno.

Anche lo stadio finale è un amplificatore differenziale, con corrente di riposo di 48 mA per triodo.

La corrente è fornita da un pozzo di corrente realizzato con un transistor e un MosFet ad alta tensione.

La funzione del pozzo di corrente è duplice.

Primo: la 6AS7G “gradisce” un minimo di reazione di catodo; sulle specifiche tecniche è “suggerito” di usare sempre una resistenza di catodo per salvaguardare la valvola stessa da sovracorrenti, un pozzo di corrente assicura che anche (soprattutto) all'accensione, che è il momento più critico per questa valvola, la corrente massima sarà comunque limitata.

Io ho la mania di rispettare sempre le prescrizioni dei progettisti delle valvole (e di qualsiasi altro componente), in quanto sono convinto che se hanno dato qualche “consiglio” l'hanno lfatto a ragion veduta.

Secondo: il pozzo di corrente attivo ha una impedenza verso massa molto elevata (teoricamente infinita, ma un pozzo di corrente reale è appunto realtà e non teoria), quasi indipendentemente dalla tensione ai suoi capi: in questo modo il differenziale funziona correttamente anche con una tensione sui catodi dei triodi di soli 6 Volt, senza segnale.

Se avessi usato una resistenza, per ottenere un risultato analogo sarebbe stata necessaria una resistenza da almeno 1000 ohm, quindi circa 100 V e conseguentemente 10 W netti dissipati inutilmente.

Le resistenze da 1 ohm in serie ai catodi servono per il bilanciamento delle correnti nei triodi, che si ottiene misurando la tensione ai capi delle resistenze: con 48 mA risultano 48 mV ai capi di ciascuna resistenza.

È opportuno selezionare le resistenze a coppie di valore il più possibile simile.

La polarizzazione corretta delle valvole finali si ottiene con l'alimentatore ausiliario che fornisce 140 V negativi e tramite la rete di resistenze e trimmer permette di regolare la tensione sulle griglie delle finali ed il bilanciamento delle correnti.

La struttura del circuito di polarizzazione è tale che se uno qualsiasi dei due trimmer si guastasse la tensione sulle griglie verrebbe immediatamente portata a -140 V, impedendo qualsiasi danno alle valvole.

Il trimmer p1 regola la tensione negativa, il trimmer p2 regola il bilanciamento delle due valvole.

La tensione di polarizzazione è applicata ai capi freddi dei secondari del trasformatore pilota; i due secondari sono separati così da permettere di regolare il bilanciamento delle correnti di riposo; i capi freddi sono riferiti a massa dai condensatori da 10 uF, elettrolitici bypassati da due mkt da 47 nF.

I condensatori da 10 uF bypassati sono gli unici condensatori sul percorso del segnale, e non possono essere evitati.

Non sono presenti le resistenze sulle griglie per bloccare le autooscillazioni, il guadagno della 6AS7G è talmente basso che questo rischio non esiste.


L'alimentazione

L'alimentazione è sempre una parte consistente di un amplificatore, anche quando si tratta di un Push Pull in Classe A che, a parte la richiesta di corrente, non pone particolari vincoli all'alimentatore in quanto la corrente è costante e il segnale audio non transita per l'alimentatore.

Sia per l'alimentazione anodica che per la tensione di polarizzazione ho scelto la rettificazione a valvole, a doppia semionda con filtro ad ingresso induttivo.

Nei miei circuiti HiFi questo è un “a priori”, la qualità dell'alimentazione ottenibile in questo modo a mio parere non è raggiungibile nemmeno con una alimentazione stabilizzata.


Lo schema dell'alimentazione


L'alimentazione anodica fornisce corrente sia alle valvole finali sia alle valvole dello stadio amplificatore di tensione.

Utilizza due diodi 6D22S in grado di fornire tutta la corrente che serve ed hanno una caratteristica molto importante: impiegano circa 30 sec. ad andare a regime, iniziano ad erogare corrente dopo circa 25 e la corrente erogata cresce lentamente fino al massimo.

Questa caratteristica è un timer automatico, prezioso con le 6AS7G, che devono avere le griglie polarizzate stabilmente prima di applicare la tensione anodica.

La rete LCLC di filtro è sdoppiata per i due canali.

L'alimentazione della polarizzazione è costituita da una EZ81, che entra a regime in circa 5 secondi, polarizzando stabilmente le griglie delle valvole finali ben prima che queste vengano alimentate.

In parallelo all'alimentazione delle griglie è posta una resistenza da 15 kohm, 10 W, che ha lo scopo di aumentare l'assorbimento di corrente e abbassare l'induttanza critica.

Gli induttori di filtro per alimentatori ad ingresso induttivo debbono avere tensioni di isolamento molto più elevate di quelli per alimentatori ad ingresso capacitivo, e valori di induttanza molto elevati non sono compatibili con isolamento elevato e dimensioni ragionevoli.

Con l'assorbimento del circuito di polarizzazione più la resistenza zavorra l'induttanza critica è inferiore ai 17 H dell'induttore adottato.

Il trasformatore di alimentazione è custom realizzato da Novarria, cui ho aggiunto la spira di corto circuito per il flusso disperso; anche gli induttori del secondo stadio dei filtri sono di Novarria.


Costruzione

Il telaio è costruito in profilati di alluminio a L ed a U, di discreto spessore dovendo reggere il peso di trasformatori e induttori senza flettersi.

Le dimensioni sono significative, 4 unità rack per 40 cm di profondità.

Il trasformatore di alimentazione contribuisce a dare solidità al tutto, in effetti è suo il contributo principale alla rigidità del telaio.

Il telaio è meccanicamente ed elettricamente diviso in due parti: la parte alimentazione e la parte amplificazione, come si vede chiaramente dalla  vista dall'alto


e dalla vista dal basso


A parte il trasformatore di alimentazione, solidamente ancorato al telaio, di cui fa fisicamente parte, tutte i circuiti sono montate su pannelli di alluminio, fissati al telaio con viti.

Un pannello sostiene nella parte superiore le valvole rettificatrici e gli induttori, nella parte inferiore le basette cui sono ancorati i condensatori.

Le valvole rettificatrici

Un secondo pannello sostiene nella parte superiore i trasformatori, interstadio e di uscita, e le 6AS7G e nella parte inferiore le basette con il circuito dello stadio finale e con i condensatori dell'alimentazione dello stadio amplificatore di tensione.

Le valvole finali

Il terzo pannello, di dimensioni minori, sostiene nella parte superiore le 6N1P e nella parte inferiore le basette del circuito dello stadio amplificatore di tensione.

Le valvole preamplificatrici sul pannello fissato con i gommini

Questo pannello è fissato al telaio con quattro gommini elastici  per ridurre la trasmissione di vibrazioni alle valvole di ingresso.

Tutti gli zoccoli delle valvole sono circondati da fori per permettere il flusso dell'aria dal fondo verso la griglia superiore.

Tutti i trasformatori e gli induttori (incluso il trasformatore di alimentazione) sono fissati al telaio o ai pannelli mediante gommini elastici,


un trasformatore di uscita fissato con gommini elastici

Trasformatori e induttori, particolarmente nel caso di filtraggio induttivo, sono soggetti a vibrazioni meccaniche sensibili, la presenza dei gommini riduce praticamente a zero queste vibrazioni e l'amplificatore in funzione è totalmente silenzioso.


Vista frontale dell'amplificatore, privo del pannello frontale


Griglia di copertura

La costruzione è completata dalla copertura in griglia metallica; non gradisco le valvole a vista, pur non avendo gatti e bimbi non trovo sicuro lasciare a portata di mano oggetti che raggiungono temperature attorno ai 200°C e tensioni di 200 V: le rettificatrici hanno il catodo sul cappuccio ed i collegamenti dell'anodica ai trasformatori non sono protetti.

Tutti i componenti, essenzialmente condensatori e poche resistenze, sono saldati a basette sostenute da torrette a vite, oppure agli zoccoli delle valvole, non ci sono saldature volanti; tutti i conduttori sono isolati in teflon e, quando la lunghezza supera pochi centimetri, raggruppati da fascette di plastica per evitare movimenti indesiderati.


Un pozzo di corrente, realizzato su un riquadro di basetta millefori

I trasformatori Lundahl sono configurabili per usi diversi, quindi debbono essere cablati a seconda del circuito in cui sono utilizzati.


schemi di utilizzo del LL1635


cablaggio del LL1635

Nello schema di cablaggio è indicato il collegamento di massima, in realtà nel nostro caso i piedini 12 e 17 non sono collegati assieme ed a massa, ma separatamente al circuito di taratura della polarizzazione.



griglie di areazione inferiore

Come il telaio è protetto superiormente da una griglia forata per l'areazione, la parte inferiore è protetta da un fondo con ampie griglie di areazione.


Collaudo e messa a punto

La prima fase del collaudo riguarda l'alimentazione.

Collaudare un alimentatore con filtraggio induttivo implica predisporre un carico fittizio che assorba una corrente circa uguale a quella che assorbirà il sistema funzionante.

Sono necessari quindi due carichi fittizi da circa 1800 ohm, 30 W per l'alimentazione degli stadi di potenza, costituiti ciascuno da tre resistenze da 560 ohm 10 W in serie.

Due in quanto l'alimentazione è sdoppiata a partire dalle celle di filtro, e debbono essere sottoposte al carico entrambe.

Le resistenze durante il collaudo scaldano quindi debbono essere tenute lontano dal circuito; è assolutamente indispensabile curare l'isolamento del gruppo di resistenze in quanto ci sono 200 V ai capi di ogni gruppo.

Si isolano quindi con nastro o tubo isolante tutte le giunzioni, che ho realizzato con connettori a vite (i classici “mammouth”), lasciando le resistenze libere per non ostacolare la dispersione del calore; è opportuno usare cavi lunghi onde evitare di toccarle inavvertitamente.

Il collaudo dell'alimentazione viene effettuato non montando le valvole della sezione amplificazione e con le anodiche (il contatto centrale dei trasformatori) scollegate, ma con i circuiti per la polarizzazione collegati, e montando le valvole dell'alimentazione un gruppo per volta.

Ho iniziato dall'alimentazione della polarizzazione, montando quindi la EZ81.

Non ci sono regolazioni da effettuare quindi lo stadio deve funzionare subito ed erogare -140 V entro 5 secondi dall'accensione.

Si montano quindi le 6D22S, i cappucci debbono essere infilati saldamente sulle teste, si collegano i carichi fittizi alle uscite dei due gruppi anodici, con due voltmetri collegati ai due gruppi.

La tensione resterà a zero per circa 20 secondi, quindi inizierà a salire per attestarsi a 200 V in circa 5 secondi.

Ora con i due alimentatori (anodica e polarizzazione) in funzione e sotto carico si regolano i trimmer della polarizzazione, un canale per volta.

Prima si regola p2 a metà corsa, verificando che le tensioni sui piedini 12 e 17 del trasformatore interstadio siano uguali, si regola quindi p1 all'estremo basso, verificando che la tensione sui piedini 12 e 17 sia inferiore a -90 V, cosicché le 6AS7G siano interdette al momento della prima accensione per il collaudo della parte amplificazione.

Si procede poi al collaudo della parte amplificazione, un canale per volta.

Si scollega il carico fittizio del canale da collaudare, lasciando l'altro collegato.

Suggerisco di iniziare dalla 6AS7G, con un milliamperometro in portata 200 mA in serie al collegamento al centro del trasformatore di uscita ed un voltmetro sull'anodica.

Si dà corrente e appena la tensione anodica raggiunge i 200 V con un cacciavite isolato si regola il trimmer p1 portando la corrente a circa 80 mA, quindi si misura la tensione sul test point 3 (tp3) regolando p1 fino a leggere 6 V; a questo punto la corrente totale deve stabilizzarsi attorno a 100 mA.

La manovra deve essere compiuta senza fretta ma in un tempo abbastanza breve, e soprattutto salendo con la tensione progressivamente da -90 V a circa – 84 V che, con pochi Volts di tolleranza in dipendenza dall'esemplare di 6AS7G, dovrebbe essere la tensione di polarizzazione finale delle griglie della 6AS7G.

L'operazione si svolge più agevolmente utilizzando tre multimetri: uno in serie all'anodica per misurare la corrente totale, uno in parallelo all'anodica per misurare la tensione totale e uno per misurare la tensione al tp3.

É importante fare in modo che la tensione ai capi del MosFet non superi i circa 15 V per un tempo troppo lungo in quanto il dissipatore è previsto nell'uso a regime per dissipare circa 1,5 W.

A questo punto ponendo un voltmetro fra tp1 e tp3 ed un altro fra tp2 e tp3 si procede alla regolazione fine del bilanciamento delle correnti dei due triodi, regolando p2 fino a che si legge sui due voltmetri la stessa tensione, circa 50 mV.

Si effettua la stessa operazione sull'altro canale, scollegando il carico fittizio e montando la 6AS7G, con lo stesso procedimento.

Si lascia l'amplificatore acceso per alcune ore, per rodare le valvole, verificando di quando in quando che le tensioni e correnti restino nei limiti indicati e aggiustando i valori mano a mano che il rodaggio si completa; io ho ottenuto valori stabili dopo circa 5 ore di rodaggio, che è stato fatto in tre tempi per controllare anche che all'accensione non succedesse nulla di anomalo.

Alla fine si montano le due 6N1P, che non richiedono alcuna regolazione in quanto il trasformatore interstadio LL1635 è nella versione /5 mA e quindi non risente di un eventuale piccolo sbilanciamento delle correnti.

La corrente anodica dei due triodi della 6N1P è di circa 4 mA, quindi a meno che la valvola sia difettosa lo sbilanciamento non può essere di grandezza tale da creare problemi; si deve solo verificare che la tensione ai capi della resistenza catodica da 390 ohm sia di circa 4 V.

Le prestazioni

La risposta in frequenza è -1 dB a 20 Hz e -2 dB a 30 kHz.


La forma d'onda, rilevata ai capi di una resistenza da 8,2 ohm a 1,4 W, perfettamente simmetrica.


Ai primi accenni di saturazione la potenza è 5,6 W.



Il clipping è ancora totalmente simmetrico.

La simmetria del segnale in tutte le condizioni è una caratteristica del Push Pull.



Qui si vede invece la forma d'onda rilevata su una placca della 6N1P, circa 70 V picco sulla semionda positiva e 50 V picco sulla semionda negativa; questa è l'uscita tipica di un SE.



La risposta all'onda quadra di 100 Hz su carico resistivo (8 ohm); la riporto a titolo informativo, in quanto non la giudico particolarmente utile.

Non la giudico particolarmente utile perché è una di quelle misure il cui risultato deve essere scontato, la risposta all'onda quadra su carico resistivo di un amplificatore tecnicamente funzionante deve essere così, come ad esempio la risposta in frequenza di uno stadio amplificatore di tensione SRPP deve essere, se è stato dignitosamente progettato e realizzato senza errori, lineare fra 20 Hz e diciamo 100 kHz: prima si verifica l'onda sinusoidale a 1 kHz, quindi la risposta in frequenza; se è come detto si prosegue con le misure serie, se non è come detto non ha senso proseguire con le misure in quanto c'è qualche errore grossolano a livello di progettazione o di realizzazione.


La risposta significativa all'onda quadra di 100 Hz, rilevata ai capi dell'altoparlante, cioè nelle condizioni normali di impiego.

L'altoparlante è un bass reflex che attorno ai 100 Hz costituisce un carico capacitivo, l'amplificatore, senza controreazione, è assolutamente stabile.

Ho rilevato quindi gli spettri a varie frequenze e a due potenze di uscita.

Le misure sono state effettuate con segnale sinusoidale a 0 dBFS, corrispondente a 1,079 V RMS e a -10 dBFS, corrispondente a 0,341 V RMS in ingresso; il segnale è generato da Audiotest e lo spettro è rilevato da AudioExplorer, su Mac.



Lo spettro proprio della catena di misura, dopo aver regolato i livelli, in loop (uscita – ingresso con un attenuatore resistivo) per fissare la base di confronto: 1 kHz, 0 dBFS .



Lo spettro a 1 kHz, 0 dBFS (segnale di uscita dall'amplificatore 1,7 V RMS): II armonica a -60 dB, III armonica a -70 dB, altri residui inferiori a -80 dB: siamo molto lontani dalla saturazione quindi la III armonica è impercettibile e prevalgono le inevitabili asimmetrie dei componenti, comunque molto ridotte.



Evidenziata la zona sotto il kHz: ronzio di fondo -70 dB.



Lo spettro a 1 kHz, -10 dBFS: II armonica a -68 dB, III armonica a -58 dB.



Lo spettro a 10 kHz, 0 dBFS: II armonica a -54 dB.



Lo spettro a 100 Hz, 0 dBFS: II e III armonica a -60 dB, V armonica a -70 dB.


Il livello normale di ascolto è con un segnale di ingresso fra -10 dBFS e 0 dBFS, il risultato ottenuto senza controreazione non ha bisogno di commenti.


Il suono

Con le mie casse, progettate per un amplificatore con impedenza di uscita di circa 2,5 – 3 ohm, è decisamente equilibrato.

La gamma alta è molto analitica senza essere fastidiosa; non ha preferenze di genere.

Nel mio ambiente (studio di 3,50 x 4,70 m) il livello di ascolto normale con il preamplificatore di linea PP è con il controllo di volume a circa – 20 dB (10 posizioni sotto il massimo, il controllo di volume nel pre è realizzato a trasformatore, con un commutatore a 24 posizioni, 2 dB per posizione), quindi la potenza è più che sufficiente.

In un ambiente più grande sarebbero necessarie casse da 95-96 db, quelle attuali sono sui 90 e sono adeguate alle dimensioni del mio studio.


Note:

(1) È ovvio che in realtà un limite di costo c'è sempre; solo nella scelta dei trasformatori non sono andato al risparmio, selezionando fra prodotti di case serie; ho comunque scelto fra la produzione industriale di livello ineccepibile, evitando qualsiasi esoterismo di oggetti prodotti in pochissimi esemplari, il cui costo può essere giustificato solo dal fatto che siano avvolti a mano nelle notti di luna piena da fanciulle vergini di nobili origini.

(2) Penso sia chiaro che non mi piacciono i SE. Non mi piacciono perché li considero sostanzialmente dei generatori di distorsione di II armonica.

So bene che la distorsione di II armonica è praticamente non udibile fino ad un livello pari a circa 2%-4 %; ma è proprio vero? se veramente fosse così non ci sarebbe alcun motivo per “apprezzare” tanto il suono del monotriodo, la cui caratteristica più importante è quella di rendere il suono più “caldo” (in italiano corrente: distorto, piacevolmente fin che si vuole, ma distorto).

So anche che una distorsione di II armonica fra il 5% e il 10% rende il suono più gradevole, più “eufonico” per usare un termine che piace molto agli audiofili.

Ma io non sono un audiofilo, penso ciò sia chiaro visto che le mie convinzioni derivano certo dall'ascolto ma sono ben supportate da considerazioni tecniche, modelli matematici, simulazioni al computer e misure; ed è anche chiaro che non ho alcuna remora a collegare un oscilloscopio ai miei amplificatori, in quanto non temo, facendo ciò, di contaminarli e distruggere la “magia” del suono.

Semplicemente, credo che lo scopo di un amplificatore sia di “non suonare”, cioè di non abbellire il suono o modificarlo in alcun modo.



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